La Fortezza di Acquaviva Picena provincia di Ascoli Piceno nelle
Marche.
Locale consigliato per matrimoni,eventi,concerti etc...
Dall'originario impianto strutturale risalente alla seconda metà del 1200, la Rocca fu fortemente voluta da Rinaldo d'Acquaviva a difesa del confine nord dei suoi possedimenti e soprattutto, per il controllo dell'unica strada di comunicazione esistente lungo la costa Adriatica tra il Nord e il Sud d'Italia, oltre che a sbarramento della via di accesso al mare dall'entroterra ascolano. Totalmente distrutta intorno alla metà del 1400 dall'esercito di Francesco Sforza, venne nuovamente ricostruita e completata verso la fine dello stesso secolo, seguendo i canoni dell'architettura militare del primo rinascimento, costituendo uno dei più importanti esempi di fortificazione del periodo nelle Marche. Quale presidio militare, fu di fondamentale interesse nella lotta tra i Guelfi e i Ghibellini fino alla definitiva affermazione dello Stato Pontificio, legando, poi, la propria funzione alla difesa della costa contro le scorrerie dei Turchi, fino a quando le alterne vicende politiche e militari, con il radicale mutamento dell'arte della guerra,non ne decretarono, verso la metà del 1600,l'inesorabile declino. Ricostruita secondo il progetto dell'architetto fiorentino Baccio Pontelli, la Fortezza presenta una pianta a forma di quadrilatero irregolare, con ai vertici disposte delle torri di mole a consistenza diversa, in relazione all'orografia del terreno su cui esse prospettavano, nonché ai rischi d'attacchi esterni.
Molte e interessanti notizie sulla Fortezza d'Acquaviva sono desumibili dai registri delle Lettere dello Stato di Fermo. Se, infatti, scarse sono le fonti ed i reperti della Rocca primitiva, il cui nucleo più cospicuo, risalente al 1300, si dovette agli Acquaviva, numerose sono, invece, le notazioni che concernono la ricostruzione resasi indispensabile a seguito della distruzione operata dai Fermani nel 1447. Autore anche del Castello di Ostia, il Pontelli lavorò molto nelle Marche, sotto papa Innocenzo VIII, alle fortezze di Offida, Jesi ed Osimo. Non sappiamo se e in che misura egli pose mano alla Rocca di Acquaviva. È certo che l'impegno profuso fu notevole e arte fermane si soffermano sull'entità del materiale usato e delle forze umane impegnate. La Rocca, governata da Fermo, fu occupata, sia pur per brevi periodi, da Giosia d'Acquaviva, dallo Sforza, dagli acquavivani, sostenitori della rivoluzione Giacobina e dal brigante Sciabolone. Nel 1845 passò in enfiteusi ai Conti Neroni Cancelli. Nel 1870 l'acquistò la famiglia Rossi Panelli, che la cedette al Comune senza aumento di prezzo. Tale vendita avvenne nel 1907, all'atto dell'utilizzo del Mastio per una cisterna di raccolta delle acque provenienti dalle sorgenti di Paterno. Due Lapidi nella Rocca ricordano l'enfiteusi ( in perpetuo) ai Conti Neroni Cancelli e la vendita al comune da parte dei Rossi Panelli. La Fortezza si presenta con pianta a quadrilatero irregolare, che racchiude un'ampia corte centrale anch'essa quadrilatera, con pozzo a damigiana e vertici rafforzati da torrioni. Un corridoio con piccoli appostamenti a casamatta è ricavato nello spessore della muraglia. Un tempo doveva essere cinta da un fossato. Il torrione più alto, il Mastio, ha forma circolare ed è alto circa 22 metri. Fortemente accentuata è la scarpata a cono il cui attacco è sottolineato da un cordone, come nelle rocche di Cesena e Brisichella. Nella parte alta la struttura difensiva aggettante a pioggia su eleganti beccatelli. Un tempo doveva essere coronata da merli, poi sostituiti da un parapetto nel quale vennero ricavate tronerie, alloggiamenti per piccoli pezzi di artiglieria. L'interno è occupato da due vani voltati con finestre e sedili, tra loro collegati da una scala in muratura,il Mastio domina la Piazza Del Forte, le cui case sono disposte in modo da formare una corte elegante. Verso l'esterno è ornato con due stemmi: l'Aquila Imperiale, su uno scudo, è l'antico stemma della città di Fermo, con una croce ed un'iscrizione oggi illeggibile. Il Torrione - posto in diagonale rispetto al Mastio - ha una pianta pentagonale. Anch'esso è munito di difesa su beccatelli e presenta un'altissima scarpata a spigoli vivi, quasi a precipizio sulla vallata. Vi si aprono feritoie per bocche da fuoco, circolari, con taglio superiore e con sulla volta un caminetto per lo scarico del fumo. All'interno due vani sovrapposti, un tempo chiusi, ora visibili dalla corte. É affiancato da una posterla, la piccola porta di collegamento con l'esterno ad esclusivo uso militare, che immette in un lungo corridoio voltato a botte che accede direttamente al suo interno. Le altre due torri sono di più limitate porzioni. L'una pentagonale e l'altra quadrata si affacciano sugli altri due versanti del paese; erano destinate ad armi leggere quali colubrine ed archibugi. L'intero complesso fu restaurato alla fine dell'Ottocento dall'Architetto marchigiano Giuseppe Sacconi. Da recenti Scavi effettuati dall'Università di Bologna durante gli scavi effettuati nella corte, sono stati rinvenuti ruderi della S. Barbara e nella parte Nord -Est tre pali fossilizzati piantati nel tufo risalenti all'anno mille.
Erra senza pace, nella cittadella militare, il fantasma del Capitano della Rocca, lasciatosi corrompere nel 1432 da Giosia Acquaviva. Costui gli aveva promesso che non avrebbe in alcun modo infierito sui residenti in quanto il suo unico interesse era quello di riappropriarsi dell'antico maniero di famiglia. Disattendendo però ogni assicurazione precedentemente resa, Giosia, una volta penetrato all'interno della Fortezza, massacrò l'intera guarnigione, oltre ai suoi pochi abitanti, trovandovi, infine, morte violenta anche il Capitano della Rocca, in un estremo tentativo di evitare l'eccidio della sua famiglia. Tra i sibili del vento che si canalizza nei camini e misteriosi lamenti, nelle notti di inverno il fantasma del Capitano della Rocca vaga, cercando la sua famiglia, schiacciando contro le mura e scuotendo chi si trova dinanzi, come volesse far rinsavire qualcuno dal perduto senno per interrogarlo. Ancora oggi alcuni anziani del posto tramandano la storia di un fantasma che schiaffeggiava e schiacciava, nelle notti di inverno, contro i muri delle stanze di antichi edifici i malcapitati del momento, narrando fatti effettivamente occorsi, fino anche ad esser stati costretti a dover ricorrere a numerosi esorcismi per far cessare queste manifestazioni.
LA FORTEZZA NEL TEMPO
Rievocazione storica del matrimonio di Forasteria degli Acquaviva e Rinaldo dei Brunforte, avvenuto nel 1234. Si rievoca dal 1988 il primo venerdì di agosto, giovedì antecedente e domenica successiva.
All'interno della maestosa Fortezza medievale in una cornice di braceri, fiaccole, musiche, canti, balli medievali, intrattenimenti, fuochi e incendio della Fortezza si potranno gustare le ricercate specialità medievali alla corte dei Del Duca degli Acquaviva. Vai alla pagina
Con il nome convenzionale di "bacini", apparso per la prima volta nel '700, vengono comunemente indicate ceramiche usate a scopo ornamentale sulle facciate degli edifici -in prevalenza religiosi- costruiti dall'XI al XIV secolo nelle località dell'Italia centro settentrionale. Le più antiche sono state importate dalle terre dell'Islam che si affacciano sul Mediterraneo: Anatolia, Siria, Egitto, Libia, Algeria, Marocco e Spagna; in Italia, infatti, non era amcora nota la tecnica della maiolica invetriata tanto che le stoviglie erano realizzate con materiali poveri quali il legno o il nudo cotto. Seppure venalmente modesti, questi prodotti ceramici dovettero apparire quanto mai seducenti ai mercati occidentali e la loro bellezza li fece ritenere degni di ingemmare le severe architetture romaniche. Si è ipotizzato che essi rappresentino trofei di guerra portati dai crociati, offerte votive, simboli propiziatori, ma è molto probabile che, invece, siano stati acquistati perchè utili, belli, a buon mercato e perchè costituivano una novità per il mondo occidentale.
Nel corso del XIII secolo le ceramiche d'importazione si vanno rare facendo nelle nostre chiese perchè vengono sostituite da quelle di produzione dell'Italia meridionale e della Sicilia in cui, all'elemento puramente decorativistico costituito da motivi floreali e geometrici, si aggiunge quello simbolico proprio del mondo cristiano. I "bacini" di S. Rocco appartengono, appunto, a questo secondo periodo. In origine erano dodici, incastonati sotto gli archetti ciechi della facciata, ma la metà di essi è andata perduta. Il primo da sinistra, dei superstiti è il più semplice sia nel colore sia nel disegno del motivo cruciforme; il secondo, incorniciato da rametti con fiori e foglie monocromi, presentauna scrittura abbreviata (forse il cartiglio della croce INRI); il terzo è una ceramica in bruno e verde con simboli centrali circondati da motivi geometrici simili a quelli delle formelle magrebine;nel quarto è raffigurato un timone simbolo della barca della chiesa racchiuso da fiori stilizzati; il quinto è, per fattura, decorazione e cromatismo, affine alla terza formella. Il sesto ed ultimo è identico al secondo. Nella nostra provincia edifici abbelliti con i "bacini" si trovano in Ascoli, a Fermo, a Ripaberarda e, appunto, nella chiesa di S. Rocco di Acquaviva Picena.
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Municipio di Acquaviva Picena
È possibile visitare la Fortezza con i seguenti orari
Via San Rocco, 7
63075 Acquaviva
Picena (AP) Italia
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